La fertilità poetica e il carisma umano di Peppino Caleca

di Rosa Maria Ancona

Riconosciamo, ancora una volta, che il tempo è spesso galantuomo. Il Centro Culturale dialettale intestato al poeta Peppino Caleca, di Castellammare del Golfo, è un doveroso gesto che colma l’attesa ed abbraccia insieme tutti gli insigni poeti dialettali.

L’interesse culturale castellammarese va da Castrense Navarra ai fratelli Cajozzo, da Vincenzo Ancona a Niccolò Fontana ed ai viventi poeti dialettali, carichi d’anni e d’ottave siciliane, quali Vito Sottile, di Balata di Baida, e Nino Fontana, il poeta – pastore di Bruca .

Tanti altri sono i nomi conosciuti degni di menzione ed i nuovi emergenti, inseriti nel volume “Sbrizzi”, quali il versatile Giuseppe Gerbino e la promettente Angelica Ferrantelli che ripercorrono i sentieri vitali che hanno dato linfa alla poesia vernacolare castellammarese.

Don Peppino Caleca, poi, è ancora nel cuore di tutti coloro che ricordano l’esperienza culturale che coinvolgeva il Paese con i famosi “Raduni Poetici”. L’occasione portava nella cittadina del Golfo il respiro ampio e le voci più accreditate della poesia siciliana. In onore del Poeta Caleca giungevano numerosi, dall’interno e dalla costa, a rappresentare tutti i tre angoli della Sicilia i vati siculi più rappresentativi. Da Titta Abbadessa a Nino Ferraù, da Peppino Denaro a Turi Scordo… Come recitava il frontespizio di un testo a lui omaggiato, dai poeti di Misterbianco il 7 giugno 1987, ancora possiamo dire: “A Pippinu Caleca in virtù di la bona parola e di li boni azioni”.

Ciò che lo distingueva erano infatti i sentimenti di “Amore – Poesia e Fratellanza”. Sentimenti comuni a molti poeti dialettali e che per lui costituivano la base su cui fondare la poetica. Egli ha lavorato di versi fino a 91 anni, ha organizzato 16 Festivals della Canzone siciliana, 14 Raduni Poetici e 11 libri Antologici di Poesia.

Com’egli stesso disse di se stesso: “Che altro potevo fare? Ho soltanto l’istruzione della scuola elementare”.

“Raciuppannu raciuppannu cu spàsimi e dulura”, il nostro Poeta riuscì a gemellare Misterbianco e Paternò con Castellammare, Trapani con Catania e Alcamo con Ragusa. Cultori della poesia siciliana, degni di nota, presenziarono ai “Raduni poetici” giungendo perfino dalla lontana America.

Fu un fermento culturale che avvicinò i nostri nostalgici emigranti alla madre – terra. Tutti coloro che gravitavano intorno al “Castle” di New York. Compariva a corollario un foglio unico (del quale si potrebbe tentare la ristampa), dal titolo “Ciuri di Sicilia” con le firme di Francesco Leone, Erasmo Pennolino, Silvio Garofalo, Francesco Buscaino. Un semi – analfabeta riusciva a dare colore alla sua grigia cittadina, mettendo insieme uomini di cultura ed uomini politici con rara diplomazia.

Anni di fermento culturale animarono la cittadina del Golfo. Presentatore d’eccezione, negli anni ’50, fu Nunzio Filogamo (e poi Nuccio Costa e Lilly Lembo) che nella magnifica cornice dell’Arena delle Rose pronunciava le famose parole: “Amici vicini e lontani…”

Bene ha scritto Titta Abbadessa, nella prefazione ad un testo di liriche di Don Peppino: “Quannu si parra di Pippinu Caleca di Casteddammari unu nun po fari a menu di emozionarisi. Naturalmenti parru ppi chiddi ca l’hannu canusciutu duranti la longa attività di teniri uniti e in armonia tanti figghi di l’Arti poetica”. Ed aggiunge: “trascinaturi di populu”.

Peppino Caleca fu anche un uomo saggio e, qualche volta, superò le contrarietà con ironia. Come quando iniziò con queste parole: “A tutti li pueti amici, nnemici e sparritteri…”

Fertilità poetica e carisma umano lo hanno contraddistinto e giustamente merita il ricordo commosso del suo Paese e l’inserimento nel vasto panorama culturale dialettale siciliano al quale diede humus.

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