L’elemento teatrale nella Processione dei Misteri di Trapani

Di Nino Barone

Chi non conosce le dinamiche della processione non fa caso alle tante stranezze che in essa prendono vita, a meno che non si è particolarmente attenti, minuziosi verso i dettagli che poi fanno la differenza.
A ogni stranezza percepita corrisponde un sacrosanto dubbio, a ogni dubbio una sacrosanta domanda. Ogni gesto, insomma, ha un valore simbolico. D’altronde, in Sicilia, la gestualità è pane quotidiano e un gesto ben fatto rende molto più delle parole. Il linguaggio non verbale nella processione dei Misteri ha il sopravvento: sguardi intensi, occhi che si incrociano e si parlano, nasi che si arricciano, sopracciglia che si allungano, mani che indicano cose o persone.
Tutto questo senza mai pronunciare una parola. Due consoli che si guardano scuotendo il capo verso destra o verso sinistra indicano che nelle vicinanze vi è la presenza di un autorevole contribuente che bisogna assolutamente omaggiare con una girata. Ecco che un altro console quasi simultaneamente invia il messaggio al maestro della banda con uno strano trimulizzu di jiditu (tremolio del dito) che significa “attacca”. Dunque, anche se non è il proprio turno, la banda inizia a suonare. Uno dei due consoli-civette guardando costantemente negli occhi il caporale dei portatori si posiziona nelle adiacenze del personaggio che da lì a poco, non appena il gruppo gli arriverà davanti, dovrà sfilare dal portafogli una banconota.
Quando invece un console dalle retrovie alza il braccio scuotendolo più volte in avanti vuol dire che è necessario far muovere la processione e anche con una certa rapidità dal momento che il gruppo davanti sembra quasi svanito nel nulla.
Sorridere mentre si esegue un’annacata, che è il momento in cui la vara sembra come una roccia sulle spalle, è un chiaro segno di altezzosità, un sorriso che, in poche parole, vuol dire: non ce n’è per nessuno, né mi piego né mi spezzo, ho una tale forza che posso tranquillamente portarmi il gruppo a la Merica (in America), anche se molti utilizzatori di questo detto, a la villa sunnu già fitusi (nei dintorni della villa comunale, appena a qualche ora dall’uscita, sono praticamente puzzolenti, andati, privi di forze).
L’ostentata espressione di sofferenza praticata sotto le aste dai più, al contrario di quanto possa apparire, significa “non portare nulla” ma, in questi casi, calarsi nel personaggio è di estrema importanza, ne vale la reputazione dell’individuo.
Recitare, quindi, è una prerogativa di cui non si può fare a meno, la stessa origine della processione dei Misteri affonda le radici nel teatro. E la teatralità, infatti, regna sovrana soprattutto nel momento dell’entrata dei gruppi dove taluni si lasciano cadere svenuti tra le mani di attenti compagni pronti a soccorrerli e che, guarda caso, si trovano lì quasi ad attendere la caduta del collega, che è l’ultimo atto di un copione interpretato da attori dilettanti il cui talento raggiunge picchi elevati.
D’altronde l’obiettivo è soprattutto quello di emozionare i fedeli. Chissà se Ricky Tognazzi, noto attore e regista, segua la processione per un fatto di fede o per trarne spunti significativi da riportare nelle scene dei suoi film. Intanto per quest’anno svengo io, l’anno prossimo si vedrà! Nell’epoca dell’alternanza tutto fa brodo, anzi tutto fa audience!


L'elemento teatrale nella Processione dei Misteri di Trapani