Quando la disabilità bussa alla tua porta

di Nino Barone

Non c’è cosa più bella al mondo quando la voce della persona che ami ti annuncia il lieto evento: aspettiamo un bambino! Non sai se ridere o piangere perché l’emozione e la gioia sono talmente grandi che non si possono descrivere con le sole parole. Un altro figlio è in arrivo, desiderato come non mai. Allora diventi protettivo verso quella donna che al suo ventre porta il frutto dell’amore, preghi affinché tutto possa andare per il verso giusto, accarezzi quel pancino che, giorno dopo giorno, vedi rigonfiarsi a vista d’occhio. Speri che il buon Dio possa far nascere sana quella creatura le cui pulsazioni scandiscono già la tua esistenza. Poi la prima ecografia. L’ansia avvolge le ore precedenti alla visita e cresce, cresce a dismisura negli attimi in cui il dottore comincia a guardare quel monitor. Tum tum tum tum, signora questo è il cuoricino. E’ tutto ok, la sua gravidanza è regolare! Ecco che arriva il sospiro di sollievo che attendevi. Cominci dunque a dedicarti al nome, ne elenchi alcuni che ti piacciono particolarmente: Cristian, Francesco, Roberto, Flavio in caso di maschio; in alternativa Giada, Noemi, Martina, Flavia. Progetti e programmi la tua vita in relazione a quest’evento. Al quinto mese, dopo l’ennesima ecografia, il ginecologo ti comunica il sesso: è un maschio, mentre cerca nel tuo sguardo fierezza e compiacimento. In cuor tuo hai già deciso il nome: si chiamerà Flavio. Piace a entrambi ma soprattutto al nostro primogenito Mario.

Poi sovviene ciò a cui non hai pensato. Un giorno qualunque, a un mese dal tempo naturale, tua moglie ti guarda incredula dicendoti di sentirsi bagnata. Corri in ospedale, con la speranza che tutto questo sia normale, invece lì preparano immediatamente la sala operatoria per un cesareo d’urgenza. Ti senti morire. E’ come se tutto questo stesse accadendo a te, al tuo corpo. Non puoi far altro che affidarti al Padre Eterno. Comici a pregare davanti alla prima statuetta sacra che incontri lungo gli interminabili corridoi degli ospedali. Cerchi conforto nei volti sicuri dei medici che transitano con disinvoltura quei luoghi quando, finalmente, un’infermiera ti si avvicina sussurrandoti: è nato! Sua moglie sta bene! Allora torni a pregare con gli occhi inondati di lacrime. Sembra che il peggio sia passato, invece poi guardi tuo figlio dal vetro di una incubatrice e t’accorgi subito che qualcosa non va. Presenta una vistosa dismorfia al lobo di un’orecchia e un piedino sembra invece piegato alla caviglia. I medici ti rassicurano e puoi solo star lì ad ascoltarli. Trascorrono i mesi, il bambino cresce ma t’accorgi ancora una volta che qualcosa non funziona: non gattona, non parla e non si regge neppure sulla schiena come fanno i bambini della sua stessa età. Cerchi nel pediatra le risposte che hanno bombardato la tua mente ma trovi solo rassicurazioni: ogni bambino ha la sua crescita, una storia a sé, vostro figlio non ha nulla di cui preoccuparsi! Diceva. Il bambino in età prescolare mostrava evidenti difficoltà di linguaggio, non pronunciava bene ciò che per i suoi coetanei era un gioco da ragazzi. Anche a livello fisico risultava goffo e disarmonico nei movimenti. Allora pensiamo di approfondire, cominciamo a sentire pareri logopedici fino a quando incontriamo un angelo. Perché gli angeli esistono. Dopo un primo approccio con Flavio la logopedista confermò la necessità di iniziare una terapia mirata ma ci consigliò altresì di fare ulteriori accertamenti per capirne fino in fondo la causa di questo ritardo psicomotorio e verbale. Ci affidammo al centro di Troina, il quale studiò Flavio sia in ambito medico che pedagogico. Il problema esiste ci dissero, ma era doverosa una consulenza genetica. Bene, facciamo ciò che è giusto fare in questi casi. Ci sottoponiamo a un esame genetico. Flavio nel frattempo frequenta il centro ambulatoriale per la logopedia e la psicomotricità. La tua vita cambia radicalmente, a scuola sei costretto a chiedere il sostegno perché tuo figlio deve avere un supporto, una guida continua. All’inizio sei imbarazzato. Hai come l’impressione che debba essere emarginato da quella classe. Anche tu ti senti diversamente genitore. Dopo parecchio tempo t’accorgi che invece il bambino è bene integrato, è voluto bene dalle insegnanti e dai compagni, persino i genitori degli altri bimbi lo accolgono nonostante le sue difficoltà. Vai avanti in questo percorso certamente duro, difficile da accettare ma pieno di possibilità dove man mano il mondo che ti si presenta davanti non è più grigio ma colorato come un arcobaleno. Cominci a vedere con altri occhi la disabilità. Eppure la conoscevo già, o meglio, credevo di conoscerla. Chissà perché nel lontano 2000 Dio mi ha portato a prestare il mio servizio proprio a favore dei più deboli. Voleva forse prepararmi a questa prova per farmi suo strumento? Intanto mi perdo negli occhi di Flavio, ingenuo, dolce e amorevole, capace di trasmettere un qualcosa che non so definire, più dell’amore. Non finirei mai di guardarlo mentre si lascia coccolare dal fratello maggiore, è qualcosa che va oltre i confini del cuore. Flavio non ha per nulla intralciato il nostro percorso ma ogni giorno lo rende speciale, perché egli è speciale e noi ne avremo cura finché vorrà il Signore.