Sicilian Life

Di Nino Barone

Sicilian Life

Gesti e parole scandiscono l’esistenza dell’uomo. La comunicazione è lo strumento che sancisce e consacra la libertà di pensiero di cui ogni individuo si avvale per manifestare emozioni, sensazioni e stati d’animo. Spesso alle parole si preferiscono i gesti e ancora più diffuso risulta essere l’utilizzo di entrambi i codici. Il linguaggio non verbale diventa il protagonista assoluto e il “non detto” infine dice più delle parole. Il siculo incarna questa dimensione riuscendo a produrre un lessico variegato e contraddittorio insieme a una vasta gamma di gesti che accompagnano ogni singola parola.
La sua è una comunicazione baggiana che passa dall’esaltazione di sé e dei luoghi in cui vive alla denigrazione di ciò che lo circonda. <br>Divinizza e diffama con una semplicità disarmante. Per capire a fondo bisognerebbe introdursi all’interno della sicilian life in cui gravita il siciliano doc. Sono essenzialmente le piccole cose quotidiane a fare di esso un esemplare unico. Ecco che un semplice mal di denti per il siculo diventa fitti mmucca. Il siciliano non segue la nomenclatura dentaria dell’italiano ossia incisivi, canini, premolari e molari ma ne fa, anche in questo caso, una contrazione riducendo a tre le categorie: denti, scagghiuna e anghi. Se l’italiano tira fuori i soldi il siculo invece li nesci, già immagino la sua faccia piatusa nel vedere quel borsellino aperto mentre sfila delle banconote colorate che avrebbero dovuto rimanerci più a lungo e invece vinni ‘u diavulu e si li pigghiau.
Per il siculo l’attesa è tremenda: se qualcuno ritarda anche di soli due minuti a un appuntamento egli dichiara con disinvoltura d’aviri aspittatu tri uri. Il siculo, dopo un torto ricevuto, riesce perfino a essere così crudele da imprecare disgrazie di vario genere: t’avissi a veniri ‘a cacaredda (nei casi migliori), vâ jetta sangu d”u cori (nei casi più gravi). Ci sono delle circostanze in cui è talmente grave il torto ricevuto che le eventuali reazioni al danno subito le consegna per mezzo raccomandata: vâ dicci curnutu a to patri! Il termine minchia è il più utilizzato, posto quasi sempre all’inizio di un colloquio. Una colorita introduzione che può soltanto influenzare positivamente il dialogo occasionale: minchia! La vidisti ch’è bedda dda picciotta! Risp.: minchia! La vitti! Si finisce addirittura col personificarla: la minchia jetta vuci (disperata) pirchì lu pacchiu è duci.
Per il siculo beccarsi l’influenza è come uccidersi: pigghiai friscu e m’ammazzai. Le medicine che non devono mai mancare a casa di un siciliano sono infatti: l’aspirina, ‘u malox, perché il siculo non mangia ma s’abbuffa, in alternativa la biochetasi. L’obesità in Sicilia non è un problema, anzi è un modo per ostentare fierezza. Per il siculo le campagne contro l’obesità promosse dai media sono disinformazione. La panza ci l’haiu e mi la tegnu. Non è da tutti essere ingiuriati arancina cu ‘i peri: prodotto sacro del sicilian food. Le parole d’ordine sono sempre le stesse: futtìrisi la spisa.
Abitudini e modi di fare che sembrano velati da un sottile strato d’ironia ma che rappresentano in effetti un modus vivendi originale che ha incuriosito antropologi e sociologi che ne hanno studiato le sfaccettature, come in una rappresentazione teatrale, ora comiche ora drammatiche.
L’unità di misura di un siculo è il caddozzu (porzione di salsiccia) dietro al quale si nasconde un universo surreale, un palcoscenico ideale in cui il siciliano diviene l’attore protagonista recitando il ruolo che, a volte, la stessa società gli cuce addosso. Chi recita la parte di Fonzie, con sfumate d’antipatia, è certamente uno spàcasi; al contrario, chi si atteggia in modo simpatico diventa spacchiusu.
Chi recita la parte del buono rispettando le regole della civile convivenza è considerato fissa, mentre chi ha deciso di recitare il ruolo opposto trasgredendole viene etichettato spertu. Se da un lato la megghiu palora è chidda ca nun si dici dall’altro versante la parola non detta è spesso quella che si manda a dire. Contraddizione e incoerenza convivono con passione e teatralità, un mix che affascina e disarma coloro i quali, anche per caso, vi entrano in contatto. L’insularità vissuta e manifestata attraverso gesti e parole che assumono profondi significati in relazione ai contesti in cui essi si esprimono. Termini che si rifanno a concetti ormai standardizzati dove suono e significato costituiscono un tutt’uno indissolubile dietro al quale si celano radici e antiche tradizioni.
Nulla potrà mai dissuadere un siculo dalle sue convinzioni: per egli un individuo di colore è categoricamente turcu, una bella donna è un pezzu di sticchiu, una persona in giro è peri peri, il fannullone è un vili, il burocrate è un sucanchiostru, la buona occasione è sempre cugnintura, il lavoro occasionale nòlitu. Un patrimonio linguistico tramandato nei secoli che non ha eguali per incisività e prestanza espressiva. Parole e suoni che arrivano dritti al cuore come la dolce melodia di una serenata che accarezza i sensi e ne ravviva i toni. Ogni termine pronunciato dal siculo è come una pennellata d’artista. Parlare in siciliano non è vergogna ma una necessaria consuetudine per colorare la propria vita. 


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